Puntuale come ogni estate, anche il mese di luglio 2019 ha portato in dote la pubblicazione delle nuove Statistiche catastali da parte dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Agenzia delle Entrate), a certificazione dell’evoluzione dell’immobiliare tricolore al 31 dicembre 2018.
Cerchiamo di riassumere le principali valutazioni riconducibili al ricco dossier OMI.
Cominciamo con uno sguardo allo stock immobiliare complessivo, che consiste ora di quasi 75,5 milioni di immobili o porzioni di immobili, di cui circa 65 milioni censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita. La restante platea è invece suddivisa tra i poco meno di 3,5 milioni di immobili censiti nelle categorie catastali del gruppo F (unità non idonee, anche temporaneamente, a produrre ordinariamente un reddito) e nei poco più di 6,5 milioni di beni comuni non censibili, di proprietà comune e che non producono reddito, o unità ancora in lavorazione.
Nel 2018, stando ai numeri sopra rielaborati, lo stock immobiliare italiano è aumentato dello 0,6%, circa 400 mila unità in più del 2017. L’88% dello stock è di proprietà di persone fisiche, l’11,5% di proprietà non fisiche. La quota residua riguarda invece proprietà comuni, ovvero beni comuni censibili.
La rendita catastale che viene complessivamente attribuita allo stock immobiliare italiano è ammontata a quasi 37,5 miliardi di euro, con una attribuzione al 61% per le persone fisiche, e al 39% per le persone non fisiche (trascurabile la quota in capo ai beni comuni censibili). Rispetto al 2017, la rendita catastale è cresciuta dello 0,5%, poco meno che proporzionalmente rispetto allo sviluppo dello stock immobiliare.
Come lecito attendersi, dei 37,5 miliardi di euro di rendita catastale complessiva, le quote prevalenti sono riconducibili ai 17 miliardi di euro del gruppo A (tranne A/10), e ai 10,5 miliardi di euro del gruppo D.
Passando poi al solo stock immobiliare a destinazione residenziale, rileviamo come le unità immobiliari censite nelle categorie catastali del gruppo A (ad eccezione della A/10), e dunque le unità abitative, siano pari a circa 35 milioni di unità, 92 mila in più di quelle rilevate nell’anno precedente.
Nel dettaglio delle singole categorie, rileviamo un incremento delle abitazioni delle categorie A/2 e A/3 (abitazioni civili e abitazioni economiche), le due categorie più popolose all’interno di tale gruppo. In crescita anche le unità immobiliari abitative che sono riconducibili alla categoria A/7 (villini) e A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi), con tassi non superiori all’1%.
Sono invece diminuite le abitazioni signorili (A/1), le abitazioni popolari (A/4), le ville (A/9), i castelli e i palazzi di pregio (A/9) e, con tassi ben più profondi, le abitazioni di tipo ultrapopolare (A/5) e le abitazioni di tipo rurale (A/6). Naturalmente, lo stock abitativo è di proprietà in gran parte attribuibile alle persone fisiche, pari a quasi 32,5 milioni di unità, oltre il 92% del totale.
Allo stock immobiliare residenziale è attribuita una rendita catastale complessiva per oltre 17 miliardi di euro, quasi 90 milioni di euro in più rispetto al 2017.