Il 2019 è stato l’anno dell’inversione di tendenza per il mercato immobiliare delle grandi città. Un’inversione non ripida – si potrà ben dire – ma pur sempre una ventata di positività dopo anni di difficoltà nel comparto residenziale.
Ad accertarlo, negli scorsi giorni, è stato l’Osservatorio Immobiliare 2019 di Nomisma sul mercato residenziale delle maggiori città, evidenziando una ripresa del volume delle compravendite e, finalmente, anche dei prezzi. Ma che cosa accadrà nel prossimo futuro?
Andando con ordine, il primo dato che sancisce un lento ritorno alla “normalità” è probabilmente rappresentato da quello delle compravendite residenziali, i cui livelli sono superiori di 16 mila unità (nelle sole principali realtà immobiliari nazionali) rispetto a quanto non fosse nel 2008. I picchi del 2006 sono ancora lontani, ma è chiaro che qualcosa si sta consolidando nell’appeal del mercato immobiliare di alcune grandi realtà italiane, come Milano, vere “locomotive” di un mattone che vuole recuperare i fasti del passato.
Come anticipato, il dato più atteso è probabilmente stato quello dei prezzi delle proprietà immobiliari residenziali. I valori sono infatti in incremento rispetto allo scorso anno e, anche se di poco (+ 0,2%), sono finalmente una chiara attestazione dell’inversione di tendenza vissuta dal mercato immobiliare delle principali città italiane (- 0,9% l’anno precedente).
In tal senso, ottimismo sembra prevalere per il 2020: sarà l’anno dell’accelerazione dei valori immobiliari e, magari, dell’emersione di un trend che potrebbe estendersi anche alle aree non metropolitane?
Qualche riflessione più complessa sembra invece essere determinata dal mercato creditizio. Le banche continuano a sostenere le operazioni sul mercato immobiliare residenziale, ma l’impressione è che il supporto si stia facendo sempre più prudente, con gli istituti di credito forse preoccupati da un traballante clima di fiducia e dai timori sull’effettiva solvibilità di mutuatari.
Alla luce di quanto sopra potrebbe spiegarsi il fatto che il numero delle transazioni sostenute da un mutuo sia calato dal 58,2% del 2018 al 51,8% del 2019 (il resto viene evidentemente acquistato con mezzi propri). Ad ogni modo, chi ha accesso a un mutuo può ben avvantaggiarsi di tassi vicini ai minimi storici: in tale contesto, le prospettive sembrano parlare chiaro, con una convenienza a indebitarsi che dovrebbe essere confermata su tali soglie anche per il 2020.
Per quanto poi concerne la tendenza a indebitarsi a tasso fisso o variabile, gli analisti non hanno alcun dubbio: per le operazioni con orizzonti temporali medio lunghi il tasso fisso continuerà a farla da padrone, mentre per le operazioni con orizzonti temporali brevi (tendenzialmente, ciò che è avvenuto con le surroghe), i tassi variabili potranno ben esercitare la loro competitività, valutando che difficilmente nel breve periodo il livello dei tassi di mercato monetario subirà un’impennata tali da rendere meno attrattivo un indebitamento a condizioni di onerosità indicizzata all’Euribor o al tasso BCE.